Month: agosto 2012

E tempo di gelati!

Il settore della gelateria è uno dei pochi che oggi non risentono della crisi. Da almeno 20 anni i consumi aumentano, sospinti da un cambiamento nelle abitudini alimentari e in estate anche dal caldo torrido del riscaldamento globale.

Il settore beneficia però anche di un fattore decisivo: la qualità elevata delle gelaterie artigianali italiane, che limitano la diffusione dei prodotti standardizzati di tipo industriale.

Le oltre 30 mila gelaterie artigianali presenti in Italia garantiscono ai consumatori estrema varietà di gusti e qualità dei prodotti.

E una frenetica attività innovativa che nelle sue punte più alte si traduce in esiti fino a pochi anni fa impensabili: gelati ai fiori di stagione, ai formaggi (dal gorgonzola al pecorino), all’olio, allo zenzero…

La fantasia, l’impegno, l’intelligenza di migliaia di piccoli imprenditori generano un incontro inedito tra prodotti apparentemente banali come i gelati e una gastronomia di qualità, creando reddito e occupazione anche negli anni della crisi.

La superstizione: brutta storia per chi vuole fare impresa

L’immagine più chiara della superstizione oggi in Italia non è più quella del corno portafortuna alla Totò, ma quella del calciatore che entra in campo segnandosi vistosamente sul petto e in fronte. Un allenatore della nazionale (Giovanni Trapattoni) era addirittura solito, prima della partita, innaffiare il campo con una bottiglietta di acqua santa.

Dimostrazioni di religiosità? Mah, c’è da dubitarne. Non so quanti di quei calciatori nella loro vita e nelle loro opere pratichino le virtù cristiane.

Forse stanno invocando semplicemente un “aiutino”. Secondo loro il buon Dio dovrebbe preoccuparsi di salvarli dalla retrocessione o di fargli vincere lo scudetto. Pura superstizione quindi.

Brutto messaggio per tutte le persone che stanno impegnandosi nel lavoro (e dovrebbe essere così anche per uno sportivo). E’ difficile che i risultati vengano senza impegno, applicazione, continuità, serietà.

Questo vale a maggior ragione per chi vuole fare impresa: qui non basta solo essere bravi lavoratori, ma serve qualcosa di più: avere una strategia, assumersi rischi calcolati, assumersi responsabilità verso clienti, banche, dipendenti, fornitori. Difficile affidarsi alla casualità del colpo di fortuna o a un semplice “aiutino” esterno.

“Start up America”: contro la crisi Obama punta sulle nuove imprese

E’ ancora presto, a un anno dal suo lancio, dare un giudizio su “Start Up America”, il programma per sostenere e accelerare la nascita di imprese ad alta tecnologia, presentato da Barack Obama nel 2011.

Il programma muove da un presupposto spesso dimenticato: anche (e forse ancor di più proprio) nei momenti di crisi, le nuove imprese sono un motore fondamentale per la creazione di occupazione, in tutti i settori, ma con un impatto anche decisivo sulla innovazione in settori quali le energie pulite, la medicina, le tecnologie dell’informazione.

“Start Up America” si muove lungo 5 direttrici:

  1. Sbloccare l’accesso ai capitali per finanziare la crescita delle nuove imprese.
  2. Mettere In contatto I nuovi imprenditori con esperti e tutor.
  3. Ridurre le barriere esistenti tra gli enti pubblici e le imprese.
  4. Accelerare il passaggio dell’innovazione dai laboratori al mercato.
  5. Sviluppare nuove opportunità in settori a forte impatto sociale quali la cura della salute, le energie pulite e l’educazione.

Le misure concrete derivanti da questa impostazione sono state diverse:

  • creazione un fondo di 1 miliardo di dollari (gestito dalla Small Business Administration) per investimenti in start up innovative, mettendo a disposizione 2 dollari per ogni dollaro investito dai privati.
  • Eliminazione delle imposte sui capital gain ottenuti da chi investe in nuove piccole imprese.
  • Creazione di incubatori per imprese innovative.
  • Lancio di un centro nazionale per l’insegnamento dell’innovazione e dell’imprenditoria in campo ingegneristico.
  • Finanziamento di una competizione nazionale per studenti sul tema delle energie pulite.
  • Finanziamento di programmi di educazione all’imprenditorialità rivolti ai giovani.
  • Finanziamento di un programma per attirare immigrati imprenditori.
  • Erogazione di contributi per le start up innovative
  • Valorizzazione delle procedure per depositare un brevetto.
  • Creazione di un gruppo specializzato nel lancio di Start up.

L’incredibile storia della Srl da un euro

Fra le idee che da diversi anni i politici continuano a riproporre vi è quella secondo cui le imprese non nascono, o nascono meno del dovuto, a causa della pesantezza della burocrazia iniziale.

Come è noto, per costituire una srl, è necessario dimostrare (a tutela dei futuri creditori) di disporre almeno di un capitale minimo di 10.000 Euro. Questo a garanzia dei futuri creditori, visto che nella srl i soci non rispondono con il proprio capitale personale.

L’introduzione, con il recente decreto Sviluppo, di una srl che potrà avere soltanto 1 Euro di capitale, servirà a qualcosa?

C’è da dubitarne. Intanto le solo spese per la costituzione (notaio, bolli, diritti di segreteria) sarebbero ben superiori a 1 Euro, rendendo di fatto necessari versamenti aggiuntivi rispetto al minimo. Poi va ricordato che anche con la vecchia normativa l’obbligo di sottoscrivere un capitale minimo di 10.000 Euro non significava l’obbligo di versarli tutti subito, essendo possibile limitarsi al 25% (più o meno il costo delle spese di costituzione). Inoltre, va riconosciuto che la soglia dei 10.000 Euro, ferma da oltre 20 anni (quando erano in vigore i 20 milioni di lire), designa ormai una soglia veramente bassa, almeno per chi sia intenzionato a fare qualcosa di serio, e non a giocare…

Nel momento in cui un socio si trovi a compiere il 35° anno di età, la società dovrà obbligatoriamente trasformarsi in una srl (portando quindi il capitale sociale ad almeno 10.000 Euro, oppure, nel caso in cui si voglia mantenere il capitale sociale al di sotto di questa soglia, in una srlcr, cioè in una società a responsabilità a capitale ridotto.

Questa trasformazione dovrà essere fatta con normali costi notarili e di registrazione, quindi di fatto più che compensando il risparmio avuto al momento della costituzione.

Insomma, sembra tanto di essere di fronte a un pasticcio legislativo, che con il pretesto di alleggerire di costi, potrebbe incidere poco sulla vita delle nuove imprese, o addirittura arrivare a complicare loro la vita…

 

Cosa insegna alle imprese la Spagna del calcio

Cosa c’entrano i recenti campionati europei di calcio con il mondo delle imprese? Apparentemente nulla, ma capire come sia potuta nascere una squadra (la Spagna) che probabilmente è la più forte nazionale di sempre, e che da diversi anni ormai batte tutte le altre, è interessante.

Intanto la bellezza del gioco: chi ha detto che per vincere bisogna essere solo furbi, provocare gli avversari, approfittare soltanto dei loro errori? Anche in azienda qualità e risultati economici possono andare insieme.

I risultati però si costruiscono, altro insegnamento spagnolo, con il tempo. Molti dei giocatori si sono formati bambini nel vivaio (la Cantera) del Barcellona, giungono al successo dopo anni di apprendimento di una tecnica sopraffina, poca esposizione mondana, serietà e concentrazione in campo e fuori.

Nessuna gigionata (ricordate il nostro calciatore che esibiva muscoli e tatuaggi dopo un gol, come sulla pedana di un circo?), modestia, correttezza verso gli avversari (quanti falli simulati nel campionato italiano!), rispetto della squadra (è ormai una regola nel calcio italiano: chi fa gol non festeggia con gli altri, ma allontana i compagni e si esibisce in un balletto personale, indicando se stesso).

Solo così nasce il vero e proprio artigianato di gran lusso dei vari Xavi e Iniesta, fatto di precisione, ritmo, fantasia,  e dove la forza muscolare non conta più di tanto, tanto che molti dei campioni spagnoli sono “omini” che non superano il metro e settanta.

Atteggiamento individuale, ma anche e soprattutto gioco di squadra. E’ proprio questo a fare la differenza, anche in una impresa. Non è facile che tante forti individualità collaborino fra loro: nei passaggi, negli scambi di posizione, nel difendere e attaccare tutti insieme. Quante volte invece l’individualismo ha corroso le squadre italiane, dai tempi antichi della rivalità tra Rivera e Mazzola, fino a quelli più recenti, quando l’impegno principale di molti allenatori andava nel cercare di “umiliare” un grande talento come Roberto Baggio!