In tutte le epoche molte persone che hanno scelto di mettersi in proprio lo hanno fatto non per inseguire i nobili ideali della libera intrapresa, ma semplicemente per sopravvivere e per la mancanza di altre opportunità.
Dai “proletaroidi” di cui parlò Sombart nel 1907 in Germania ai free lance americani sempre in bilico tra precarietà e successo, fino agli immigrati imprenditori dell’Italia degli anni 2000, il processo di creazione d’impresa è stato alimentato dal bisogno di milioni di persone di avere un reddito minimo, per trovare un posto nella società.
Negli ultimi anni però questo fenomeno si è drammaticamente accentuato. Di fronte alla estrema difficoltà a trovare un lavoro dipendente, con una disoccupazione dilagante, l’unica chance per moltissime persone è quella di crearsi un proprio lavoro,
Nei corsi per l’avvio d’impresa che mi capita di tenere, l’affluenza è alta e l’interesse forte.
Credo però che sia compito di un formatore e di un consulente responsabile quello di mettere in guardia, ancora di più che in passato, dai rischi che si corrono mettendosi in proprio in una fase come l’attuale. Avventurarsi in un territorio pieno di incognite senza adeguate conoscenze sul mercato, sui costi e sulle normative è ancora più rischioso che in passato.
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