Month: gennaio 2014

Good Spending. Il sostegno alle start up e i benefici per il bilancio statale(Parte 1)

In un periodo in cui sembra che i problemi dell’Italia si risolvano solo rivedendo (cioè tagliando) la spesa pubblica (spending review), può essere utile notare che vi sono programmi di spesa che si autofinanziano largamente, grazie agli effetti moltiplicativi messi in atto a livello macroeconomico e alle conseguenti entrate fiscali per lo Stato.

Si pensi a un programma (simile al già citato SPINNER vedi https://dangelilloimpresa.wordpress.com/2014/01/22/spinner-le-start-up-contro-la-crisi/) che preveda il sostegno a nuove imprese, mediante consulenze, servizi, contributi economici.

Supponiamo che il programma preveda di sostenere 50 start up innovative, che vanno a creare nuove attività e non semplicemente a sostituire imprese esistenti (nel qual caso gli effetti macroeconomici sarebbero minori).

A ognuna di queste imprese venga stanziato un contributo medio di 30.000 Euro (compresa l’assistenza tecnica per seguire ogni impresa).

Il programma costerebbe quindi 1,5 milioni di Euro.

Si sa che non tutte le imprese sostenute da un programma decollano come sarebbe auspicabile. Più l’attività è innovativa e più la complessità del progetto è grande e il rischio di insuccesso elevato.

Essendo prudenti si potrebbe supporre una percentuale di successo del 60%, grazie a una buona selezione iniziale e a efficaci attività di consulenza e accompagnamento (coaching).

Delle 50 imprese selezionate per il programma ne decollerebbero effettivamente soltanto 30.

Queste imprese svilupperebbero un fatturato che genererebbe reddito per i loro soci, i dipendenti e collaboratori, i fornitori e naturalmente anche per lo Stato, finanziatore del programma.

Supponiamo uno sviluppo del fatturato tutto sommato modesto, per imprese innovative che spesso hanno incrementi molto forti: 70.000 Euro nel primo anno; 150.000 nel secondo; 300.000 nel terzo.

Questo fatturato si traduca in redditi per i neoimprenditori e loro dipendenti nella misura del 40%. Un ulteriore 30% del fatturato vada poi a incrementare i redditi dei fornitori esterni (italiani), compresi i collaboratori.

Nel primo anno, le 30 start up generebbero un reddito diretto (imprenditori e dipendenti) di 840.000 Euro e indiretto (fornitori e collaboratori) di 630.000 Euro.

Ipotizzando un’aliquota impositiva media del 30% su tali redditi (quindi senza considerare l’IVA e neppure i contributi versati all’INPS, che non sono gettito per lo Stato ma accantonamenti per la pensione futura del lavoratore), il gettito fiscale per lo Stato sarebbe di 440.000 Euro, ancora inferiore ai costi del programma (1,5 milioni).

Nel secondo anno i redditi aumenterebbero, e quindi anche il gettito fiscale, che salirebbe a 918.000 Euro (questo senza considerare l’aumento delle aliquote per la progressività dell’imposta).

La somma del gettito del primo e secondo anno sarebbe di 1.358.000 Euro, già vicina al costo del programma.

Nel terzo anno si avrebbe il sorpasso. Fatturati e redditi delle start up crescerebbero ancora e così il gettito fiscale, che diventerebbe di 1.836.000 Euro.

Il gettito dei tre anni sarebbe complessivamente di 3.195.000 Euro, più che doppio rispetto al costo del programma.

La strada insomma sembra essere quella della “buona spesa”, non dei semplici tagli.

Nel prossimo articolo vedremo i risvolti di questa strategia.

n.imprese                  50
 Sostegno            30.000
 % di successo

60%

 n.imprese avviate                  30
 Fatturato medio anno 1            70.000
 Fatturato medio anno 2          150.000
 Fatturato medio anno 3          300.000
 % VA diretto (salari e utile)

40%

 % VA indiretto (fornitori)

30%

 Imposte sul reddito

30%

 IVA

22%

 Anno 1  Anno 2  Anno 3  TOT
 Costo sostegno        1.500.000       1.500.000
 Massa del reddito diretto          840.000        1.800.000        3.600.000       6.240.000
 Massa del reddito indiretto          630.000        1.260.000        2.520.000       4.410.000
 Massa del reddito complessivo        1.470.000        3.060.000        6.120.000     10.650.000
 Entrate Stato per imposte sul reddito 30%          441.000          918.000        1.836.000       3.195.000

Start up: conta davvero la paura del fallimento?

Talvolta si sente affermare (per ultimo l’interessante articolo di Piero Formica e Stefano Supino su Il Sole 24 Ore, 18 settembre 2013) che “ la potenza della sorgente italiana di creazione d’impresa è ridotta dalla sindrome del fallimento”.

In Italia la percentuale di popolazione che vede nel timore di un dissesto il principale motivo per non perseguire l’opportunità imprenditoriale sarebbe pari (fonte: Global Enterprise Monitor) al 58% – un valore che ci colloca appena sopra la Grecia (61%) e ci relega nella penultima posizione in una graduatoria di 69 Paesi.
Oltre alle persone, tante in Italia, che avviano una impresa ve ne sarebbero quindi molte altre che non lo farebbero per paura di fallire.

E’ un dato che mi lascia perplesso, conoscendo tante persone che si avvicinano all’idea di mettersi in proprio.

In base alla mia esperienza giocano negativamente la mancanza di esperienza, l’insufficienza dei capitali, problemi personali, la validità di validi soci, ecc. ma non certo il timore del fallimento.

Nel subconscio di ogni imprenditore c’è senz’altro anche questo timore, ma non diversamente dalla paura di morire che alberga nel profondo della mente di ogni umano, e che non gli impedisce però di vivere e di agire.

In linea di massima poi chi vuole mettersi in proprio è in una fase della vita in cui si sente pieno di energie e di progetti, cosicché anche il tema del fallimento va ancor più nel profondo, come nei giovani il pensiero della morte.

Impressioni, certo, opinabili. Un dato però è certo, e dovrebbe fare dormire tranquilli gli aspiranti imprenditori. L’Italia (purtroppo) è un paese dove è difficile farsi pagare, dove le cause si trascinano penosamente, e dove anche le sentenze di fallimento arrivano spesso dopo 10 anni di ritardo.

In altri paesi le procedure sono più rapide, per cui chi è inadempiente viene messo alle strette più in fretta. In modo che non possa nuocere agli altri operatori.

http://www.genesis.it/pubblicazioni-libri1.htm

Spinner: le start up contro la crisi

L’Emilia-Romagna è una regione che in molti casi rappresenta un ambiente propenso alla innovazione e alla sperimentazione.

Il progetto SPINNER costituisce un esempio particolarmente interessante in tale senso, oltre che un esempio di efficace utilizzo dei fondi europei.

Finanziato dal FSE, e nato nel 2000, SPINNER sostiene la creazione d’imprese innovative attraverso un percorso di accompagnamento agli aspiranti imprenditori che prevede consulenze specialistiche (marketing, business planning, fund raising, ecc.), forme di sostegno al reddito e partecipazione ad eventi collegati al progetto d’impresa (convegni, fiere, ecc.).

Dal 2000 al 2013 SPINNER ha ricevuto 1236 candidature (per 3952 candidati), che hanno portato a:

  • Progetti ammessi: 360
  • Business Plan Conclusi: 293
  • Imprese Costituite: 124, di cui Spin-Off accademici: 51
  • Imprese in fase      di costituzione: 63.

SPINNER ha operato in stretto contatto con le Università della regione, ma anche con altri centri di innovazione, società di consulenza, specialisti nelle varie discipline.

Un esempio di sviluppo di economia della conoscenza a cui ho personalmente partecipato con soddisfazione, tramite l’attività di GENESIS.

I campi innovativi che hanno generato nuove imprese e a cui ho potuto dare il mio modesto contributo sono i più svariati: dalla genetica alla automazione, dall’aerospaziale all’agroalimentare, dall’informatica alla bio-chimica.

L’analisi sulla prima tranche di imprese nate da SPINNER ha mostrato tassi di crescita molto interessanti (32% in 2 anni) e, dato ancora più interessante, che il reddito prodotto dalle start up ha generato un gettito fiscale e contributivo superiore al valore delle agevolazioni pubbliche erogate.

Un esempio quindi, se questi dati resi noti recentemente fossero confermati anche per le start up nate successivamente, che lo sviluppo non si crea tagliando spese e deprimendo le imprese con una fiscalità dissennata, ma sostenendo la crescita economica, investendo e favorendo quindi uno sviluppo generatore anche di un adeguato gettito fiscale.

http://www.genesis.it/pubblicazioni-libri1.htm