Molte nuove imprese rischiano di entrare ben presto in affanno finanziario, se non addirittura in una situazione di serio pericolo di fallimento, in quanto non sono in grado di gestire la situazione della liquidità.
Il ritardo in un incasso, una spesa straordinaria, la mancata previsione di uscite fiscali possono portare a seri squilibri che inizialmente vengono gestiti ritardando finché possibile i pagamenti ai fornitori (con conseguenze comunque negative sulla qualità delle collaborazioni in corso) e poi cercando affannosamente e disordinatamente fonti di finanziamento, con esiti non sempre soddisfacenti.
Particolarmente esposte sono le start up che hanno un mercato costituito da altre imprese o enti pubblici, soggetti cioè che fisiologicamente pagano in ritardo e in periodi di crisi a volte (le imprese) rischiano di non pagare neppure.
Nella tipica mentalità dello start upper i temi finanziario sono sottovalutati, in quanto è tenace la presunzione che una buona o eccellente innovazione tecnologica non possa non generare abbondanti cash-flow.
La stampa ha una parte di colpa nel formarsi di questa erronea concezione, in quanto celebrando i successi straordinari di poche eccezionali aziende (da Google a Facebook) mette del tutto in ombra la concreta realtà di milioni di start up che nel mondo sono pure partite con ottime idee ma non hanno avuto il successo dei grandi, in molti casi proprio perché non supportate da un’adeguata strategia finanziaria.
L’esperienza di consulente mi dice che mettere in sicurezza le finanze di una start up non è facile, ma che comunque alcuni strumenti tecnici di sicura utilità ci sono.
Particolarmente importante è quello che GENESIS definisce “PUNTO MASSIMO DI INDEBITAMENTO”, cioè il livello peggiore di squilibrio finanziario che nel corso di un anno, e particolarmente dell’assai delicato primo anno di attività, la start up si troverà ad affrontare.
Quasi sempre una impresa nasce con un capitale sociale insufficiente ad affrontare gli investimenti necessari. In questo non c’è nulla di drammatico, a condizione che l’entità dei capitali esterni da reperire sia quantificata con esattezza.
Il “PUNTO MASSIMO DI INDEBITAMENTO” è un dato che si può ricavare non solo quantificando gli investimenti iniziali (in capitale fisso e circolante) e mettendoli a rapporto con il capitale sociale, ma anche calcolando molti altri fattori finanziari che nel corso dell’anno incideranno e non poco sulla liquidità della start up:
- tempi di incasso dai clienti;
- stagionalità delle vendite;
- tempi di pagamento ai fornitori;
- versamenti e crediti IVA;
- costituzione di scorte;
- versamento di cauzioni;
- anticipi nel versamento degli utili ai soci;
- pagamenti di imposte sul reddito e di contributi previdenziali;
- pagamento di mensilità aggiuntive ad eventuali dipendenti.
In una situazione come quella descritta dal grafico successivo si vede che per quanto, qualora si facesse la media delle situazioni mensili, l’impresa riuscirebbe avere una situazione della liquidità abbastanza in equilibrio, un’analisi mensile evidenzia che nei mesi di marzo-aprile l’ indebitamento potenziale della start up si avvicinerebbe ai 35 mila Euro, per poi migliorare nei mesi successivi.
Sapendolo in anticipo la start up potrebbe mettere anticipatamente in atto tutte le strategie più efficaci e fattibili per abbassare il “PUNTO MASSIMO DI INDEBITAMENTO”, ad esempio combinano piccoli slittamenti nei pagamenti con riduzioni nelle scorte di capitale circolante.
Inoltre l’impresa sarebbe in condizione di predisporre le necessarie coperture, anche muovendosi adeguatamente nei riguardi del sistema bancario e facendo richiesta degli strumenti finanziari più convenienti.
Non sono manovre particolarmente sofisticate, ma interventi relativamente semplici che però presuppongono l’impiego di corretti strumenti di previsione, che spesso in una start up sono assenti talvolta per ignoranza e in altri casi per la sottovalutazione di problemi ritenuti meno importanti di quelli strettamente produttivi.