I nemici esterni ed interni di un investitore

Il libro di Giovanni Borsi e Luana Velardo “Bankarate. Manuale di autodifesa dai colpi bassi del mercato”, con illustrazioni del fumettista Don Alemanno (GB Edizioni, 2018) è interessante per due principali motivi.

Il primo motivo è che rappresenta una utile guida per chi vuole fare trading finanziario senza cadere vittima di luoghi comuni e dell’azione nefasta di “squali” quali sono, secondo gli autori, le banche e i promotori finanziari. Oggi il pericolo è rappresentato ad esempio da strumenti quali i Bitcoin. In una gustosa vignetta di Don Alemanno un navigatore disperato e sanguinante urla: “Dannati squali. Ora infilerò il braccio in acqua per recuperare l’altro che mi avete appena divorato!”.

Per difendersi dai “nemici esterni”, bisogna avere la destrezza e la velocità di una cintura nera di Karate (di qui il titolo del libro), ma non basterebbe, perché spesso l’investitore è nemico di se stesso, cioè dei suoi “nemici interni”: eccesso di ottimismo, euforia, avidità, testardaggine, ecc.

Qui sta il secondo motivo di interesse del libro, ancora più importante per chi come noi non si occupa di investimenti finanziari, ma di investimenti nella economia reale e nella creazione di nuove imprese.

La metafora dei “nemici interni” è quanto mai utile anche in questo campo, in quanto come opportunamente ricordano gli autori le decisioni economiche hanno sempre una importantissima componente psicologica.

Il tema della creazione di impresa è uno di quelli in cui l’economia si incontra e si permea con la psicologia. Ciò che spinge a comportamenti imprenditoriali non sono soltanto i calcoli economici contenuti in un pur indispensabile Business Plan (sul mercato, sugli investimenti, sul rischio, sui costi, ecc.), ma anche fattori di tipo psicologico, che rendono più propense all’azione alcune persone rispetto ad altre.

Di qui gli opportuni riferimenti degli autori alle opere di psicologici quali Daniel Goleman (autore del libro “Intelligenza emotiva”, 1995) e al fondamentale filone della “teoria delle intelligenze multiple”, elaborata da Howard Gardner.

La teoria di Gardner nacque (1983) in contrapposizione alla vecchia concezione di intelligenza vista come un fattore unitario misurabile tramite il paramento del cosiddetto Quoziente d’intelligenza (Q.I.). Grazie a una serie di ricerche empiriche e di letteratura su soggetti affetti da lesioni di interesse neuropsicologico, Gardner identificò nove tipologie differenziate di “intelligenza”, ognuna deputata a differenti settori dell’attività umana: dalla Intelligenza logico-matematica a quella interpersonale, dalla Intelligenza intrapersonale a quella cinestetica o procedurale, dalla Intelligenza spaziale a quella linguistica.

Ognuno di noi ha sviluppato e sviluppa continuamente un diverso mix di intelligenze, e quindi diverse propensioni verso i compiti da svolgere nella vita e in particolare nella gestione di una impresa, soprattutto in quella impresa, la propria, che dovrebbe esprimere con pienezza la sua personalità.

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